Sepsi: un nuovo studio apre la strada per lo sviluppo di nuovi biomarcatori di danno d’organo e di nuovi target terapeutici
L’infezione dovuta a un patogeno può portare a sepsi ,ovvero a una risposta infiammatoria incontrollata, e degenerare allo shock settico fino alla morte. La sepsi ha un tasso di mortalità cinque volte superiore all’ictus e dieci volte all’infarto, sebbene purtroppo sia poco conosciuta, tanto che ogni 13 settembre si celebra il World Sepsis Day. Le linee guida correnti per il trattamento della sepsi agiscono solo a livello sintomatico e non hanno come obiettivo quello di agire sull’origine delle disfunzioni d’organo o di prevenire patologie secondarie (ad esempio danni cognitivi o cardiovascolari).
Nello studio Persistent hyperammonia and altered concentrations of urea cycle metabolites in a 5-day swine experiment of sepsis, condotto dalla Prof.ssa Manuela Ferrario del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano insieme a un team internazionale di ricercatori dell’Inselspital di Berna, Svizzera, e dell’Istituto Mario Negridi Milano e recentemente pubblicato su Scientific Reports, si è simulata la condizione di sepsi in un modello animale e sono stati utilizzati sistemi di monitoraggio e terapie (vasopressori, antibiotici e fluidi) normalmente utilizzati nei pazienti settici e sono stati prelevati campioni di sangue e di fluido cerebrospinale prima dell’insulto, dopo lo sviluppo della sepsi e ogni giorno fino a 3 giorni dopo la rianimazione con terapia. I campioni sono stati analizzati con lo spettrometro di massa per la quantificazione dei metaboliti.
Lo studio ha confermato l’alterazione di lipidi e uno sbilanciamento tra glicolisi e gluconeogenesi, ma soprattutto ha messo in evidenza un’alterazione dei metaboliti associati al ciclo dell’urea, che avviene principalmente nel fegato, e che potrebbe spiegare l’elevata concentrazione dell’ammoniaca circolante. Si è notato inoltre che alcune variazioni nella concentrazione del sangue sono presenti anche nel liquido cerebrospinale ma in tempi successivi. Tra queste si evidenzia l’alterazione di tirosina e fenilalanina, due metaboliti precursori di dopamina, epinefrina ed norepinefrina che svolgono un ruolo importante nell’encefalo.La possibilità di avere un esperimento di lunga durata ha permesso di mettere in evidenza la diversa sequenzialità delle alterazioni e quindi la possibilità di sviluppare biomarcatori per l’identificazione precoce di alterazioni funzionali d’organo, quali insufficienza epatica ed encefalopatia, più efficaci di quelli usate comunemente con le analisi di laboratorio come la misurazione della bilirubina o delle transaminasi.